Quando i giornali calpestano la realtà dei fatti

Egregio Direttore (di Nessun Giornale),

a Lei posso dirlo apertamente, senza timore di offendere: i giornali, che dovrebbero raccontare la realtà, spesso la trattano come lo zerbino di casa. Due fotonotizie dalle prime pagine di oggi.

Il Corriere della Sera titola: “Sono figli di due madri”. Il virgolettato è attribuibile al Tribunale di Padova, che ha rigettato il ricorso della Procura (e dunque anche il precedente intervento del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi) contro l’atto di nascita in cui erano state iscritte due donne come madri di due gemelline. Il caso non è isolato: si parla di una trentina di episodi, dovuti a Sergio Giordani, sindaco di Padova dal 2017.

Insomma, nella sintesi del Corriere, è possibile avere due madri. Come se si potesse nascere da due donne. E non avere un padre. Una delle rivendicazioni del mondo progressista, della galassia arcobaleno, del femminismo lesbico, dei teorici del gender, degli attivisti woke e della cancel culture, tutte persone meravigliose (chi lo negherebbe, di questi tempi?), rivendicazione che però risulta in contrasto con la legge del nostro paese e soprattutto, come tutte le istanze squisitamente e follemente ideologiche, si oppone alla realtà, perché nessuno nasce da due donne o da due uomini. Di più, la pretesa al figlio di una coppia dello stesso sesso è contraria al diritto del figlio di avere un padre e una madre, di poterli conoscere, di poter crescere con loro, acquisendo consapevolezza di sé nel confronto amorevole con entrambe le facce dell’unica umanità che posa i piedi su questo pianeta. E non c’è un pianeta B, mi pare di aver sentito dire da qualche parte, quindi rimaniamo ancorati alla realtà.

Qui invece Repubblica ci tiene a dar voce a un attore che ha impersonato Rocco Siffredi in una serie televisiva. E di nuovo i fatti vengono sottoposti alla carezza di un rullo compressore, i lettori al lavaggio del cervello. Se c’è una divoratrice di libertà, oggi come oggi, è la pornografia. Che crea dipendenza negli spettatori e cancella la dignità delle persone coinvolte nello spettacolo.

Per quanto riguarda i primi (cito):

“La prima volta che la porno dipendenza è stata descritta risale al 1995, descrizione svolta da Kimberly Young e successivamente inserita nel DSM- Manuale Diagnostico e Statistico delle Malattie Mentali. Ad oggi è a tutti gli effetti una patologia”.

Relativamente ai secondi, nemmeno loro immuni da tale dipendenza, si tratta di prostituti e prostitute, non di “divi”. Chi vende il proprio corpo vende se stesso, degradandosi a oggetto senza valore. Privandosi della dignità di persona perde anche la propria libertà, non la guadagna. La vera libertà non è quella di fare il male, ma è la libertà dal male, la liberazione da tutto ciò che ci sporca l’anima e ci fa perdere la pace, la serenità, il bene per cui siamo fatti. La pornografia è appunto uno di questi agenti inquinanti. La dipendenza dalla masturbazione.

Caro Direttore, ma i quotidiani non dovrebbero dire cosa accade nel mondo? Figli di due madri, la schiavitù che rende liberi…

Ha ragione allora chi accusa i giornali di dire le bugie? Ma qui non si tratta di bugie. Non stiamo parlando di notizie false (ah, le fake news! mostriamoci inorriditi, mi raccomando). È l’intera visione del mondo a essere stravolta, capovolta, ridefinita in base a pulsioni personali e politiche che fanno a cazzotti con la realtà.

Le parole d’ordine che aprono a queste derive sono sempre le stesse: “diritti” e “libertà”. Parole bellissime, usate per calpestare diritti e libertà altrui. Vero, cari amici transgender?

Non sapevo che una donna potesse mettere incinte altre donne. Evitiamo, per favore, l’accostamento ai casi delle coppie di lesbiche padovane. Facili ironie sarebbero davvero fuori luogo, perché stiamo parlando di episodi gravi e tragici: bambini a cui viene negato un padre e donne in carcere a cui non è garantita l’incolumità fisica.

Erano consenzienti, sembrerebbe. Ma quanto può essere consenziente una donna chiusa nella cella di una prigione con un uomo? Perché un trans è e rimane un uomo, anche se afferma di essere donna e i giornali lo assecondano definendolo “detenuta” e ci informano che, dopo che è successo quel che è successo, “è stata trasferita” (con la a). La verità dei fatti rimane tale anche se i giornalisti la calpestano fino a questi punti, con supremo sprezzo del ridicolo.

Si sa, è il linguaggio inclusivo. Che esclude la realtà.

Cordiali saluti

Emanuele Gavi