Quella foto a Medjugorje

Egregio Direttore,

in questi giorni a Medjugorje si stanno celebrando i 40 anni dall’inizio delle apparizioni della Madonna. I pellegrini sono tantissimi, come in altre epoche pre Covid. Per carità cristiana meglio non fare il confronto con altre piazze del mondo cattolico…

Sono 40 anni che ci si interroga sulla veridicità di queste apparizioni: sono vere, sono false, sono vere solo le prime, le prime sono false e la Madonna è venuta a Medjugorje solo in un secondo momento… Chi sostiene che sia tutto un inganno, chi addirittura vi vede un’origine diabolica. Siccome però un albero si riconosce dai suoi frutti, non si può non constatare che in questi quattro decenni l’albero di Medjugorje è cresciuto rigoglioso.

Tra le varie realtà che si ricollegano a questo villaggio della Bosnia-Erzegovina a me, da insegnante, piace particolarmente Mary’s Meals (i “Pasti di Maria”), un’organizzazione che sfama i bambini poveri e lo fa a scuola. Bastano 18,30 euro per fornire un pasto a un bambino per tutto l’anno scolastico. Le origini dell’iniziativa vanno ricercate negli anni Novanta, quando due fratelli scozzesi che erano stati in pellegrinaggio a Medjugorje decisero di raccogliere fondi e beni di prima necessità per soccorrere la popolazione bosniaca colpita dalla guerra (qui la storia dell’ente di beneficenza). In seguito le donazioni non sono mai cessate, e dopo varie missioni umanitarie si è delineato il profilo dell’organizzazione così come si presenta oggi: una grande rete di solidarietà che sfama quasi due milioni di bambini in cinque continenti. I pasti vengono distribuiti a scuola, per far sì che i bambini non solo si nutrano, ma possano studiare, formarsi: soltanto con l’istruzione si può costruire una società migliore, in cui fame e povertà diventino un ricordo. Senza Medjugorje, forse questa realtà non esisterebbe.

Io a Medjugorje sono andato per la prima volta nel 2017, e ci sono tornato ogni anno finché non è cominciata l’era Covid. Ne ho ricavato dei frutti personali? Sì, e sono tanti. Innanzitutto spirituali: prego molto di più. Non sento più quella fatica che mi costava recitare il santo rosario. Mi sono incamminato sulla strada dei cosiddetti “cinque sassi” (rosario, eucarestia, lettura della Bibbia, digiuno, confessione). Certo non sono arrivato, anzi! Cado e cadrò ancora, ma su una strada che sale, come si suol dire. Conoscendomi, so che Qualcuno mi sta dando delle grazie particolari, perché riesco a fare cose che prima del 2017 erano per me impensabili. Credente lo ero già, ma la forza che sento operare in me mi era sconosciuta. Così come la pace che provo, e che ho conservato per mesi in special modo dopo il primo pellegrinaggio. Non ero mica digiuno di esperienze di preghiera, anche intense: ne venivo da quindici anni di esercizi spirituali, cioè di vacanze dello spirito trascorse nel silenzio e nel raccoglimento. Ma il problema è sempre stato tornare a casa, alle paturnie della vita quotidiana. La forza e la pace che Medjugorje lascia nell’anima mi sono durate molto a lungo, come mai mi era capitato.

Le sembrerà strano, caro Direttore, se Le dico che di fronte a questa spinta interiore mi sembra di poco conto, quasi irrilevante, il fatto che, parallelamente, la mia salute è migliorata: prima di recarmi a Medjugorje prendevo medicine quattro volte al giorno (e il medico mi prospettava la necessità di andare avanti così per tutta la vita), oggi nessuna. Lo trovo qualcosa di scontato, una banalità, perché mi pare sia una diretta conseguenza dei passi avanti che ho fatto interiormente. Siamo costituiti di anima, mente e corpo: sono le tre parti del nostro essere, non tre entità separate.

Ho incontrato il soprannaturale, a Medjugorje? Beh, non ho visto la Madonna, ovviamente. Né uno dei tanti segni nel cielo che spesso sono stati anche fotografati e ripresi.

Ho sentito gridare degli indemoniati, questo sì. Succede soprattutto durante le apparizioni. Ci sono diversi gruppi di preghiera che li accompagnano. E poi ho incontrato per caso, a Milano, qualche tempo dopo il mio primo pellegrinaggio, una ragazza miracolata, Silvia Busi, recatasi a Medjugorje immobilizzata su una sedia a rotelle, e tornata a casa camminando con le sue gambe. Sentire raccontare dalla sua viva voce la sua guarigione miracolosa mette i brividi. Su Internet è reperibile la sua testimonianza (qui). Ne cito solo un brano:

“Alla sera quando mi è stato chiesto se volevo andare anch’io sul monte, ho rifiutato spiegando che la carrozzina su un monte non può salire e non volevo disturbare gli altri pellegrini. Mi hanno detto che non c’erano problemi e che avrebbero fatto a turno, così abbiamo lasciato la carrozzina ai piedi del monte e mi hanno preso in braccio per portarmi fino in cima. Era pieno di gente, ma siamo riusciti a passare.

Arrivati vicino alla statua della Madonna, mi hanno fatto sedere e ho iniziato a pregare. […] Ho chiesto allora di avere la forza per poter accettare la carrozzina, avevo 17 anni e un futuro in carrozzina mi ha sempre spaventato tantissimo. Prima delle 22.00 ci sono stati dieci minuti di silenzio, e io mentre pregavo ero attratta da una chiazza di luce che vedevo alla mia sinistra. Era una luce bella, riposante, tenue; a differenza dei flash e torce che si accendevano e spegnevano in continuazione. Intorno a me c’erano tante altre persone, ma in quei momenti era tutto buio, c’era solo quella luce, che quasi mi intimoriva e più di una volta ho tolto lo sguardo, ma poi con la coda dell’occhio mi era inevitabile vedere. Finita l’apparizione al veggente Ivan, la luce svanì. Dopo la traduzione in italiano del messaggio della Madonna, due persone del mio gruppo mi hanno preso per portarmi giù e sono caduta all’indietro, come svenuta. Sono caduta sbattendo la testa, il collo e la schiena su quelle pietre e non mi sono fatta il minimo graffio. Ricordo che era come se fossi stata su un materasso morbido, accogliente, non su quelle pietre dure e spigolose. Sentivo una voce dolcissima che mi tranquillizzava, mi calmava come coccolandomi. Subito hanno iniziato a gettarmi dell’acqua e mi hanno riferito che si sono fermati delle persone e alcuni medici che hanno provato a sentirmi il polso e il respiro, ma niente, non c’erano cenni di vita. Dopo cinque – dieci minuti ho aperto gli occhi, ho visto mio padre piangere, però per la prima volta dopo 9 mesi ho sentito le mie gambe e così scoppiando in pianto ho detto tremando: “Sono guarita, cammino!” Mi sono alzata come se fosse la cosa più naturale; subito mi hanno aiutato per scendere dal monte perché ero agitatissima e temevano che mi facessi male, ma arrivata ai piedi del Podbrdo quando mi hanno avvicinato la carrozzina, l’ho rifiutata e da quel momento ho iniziato a camminare. Alle 5.00 del mattino seguente stavo scalando il Krizevac da sola con le mie gambe.

I primi giorni che camminavo avevo i muscoli delle gambe indeboliti e atrofizzati dalla paralisi, ma non avevo paura di cadere perché mi sentivo sorretta da fili invisibili alle spalle. Non ero andata a Medjugorje in carrozzina pensando di poter tornare con le mie gambe”.

Caro Direttore, cos’altro aggiungere a questo racconto straordinario? O forse potremmo andare avanti all’infinito a parlare di frutti spirituali e materiali, segni misteriosi, guarigioni scientificamente inspiegabili. Vorrei però concludere con un’altra immagine. È una delle tante foto che ho scattato col cellulare in quei giorni. Risale al 2 agosto del 2017: la scattai dopo l’apparizione alla veggente Mirjana, a cui partecipai molto da lontano, perché c’era una folla indescrivibile (alcuni arrampicatisi sugli alberi come Zaccheo), e io non riuscii ad avvicinarmi. Quando tutto era finito e la veggente si era già allontanata, seguii gli altri pellegrini fino al luogo dell’apparizione, fotografandolo, da bravo turista religioso. Quando poi ho riguardato la foto, mi ha fatto anche questa una grande impressione. Credo sia la più bella che io abbia mai scattato.

I raggi del sole, che certo non vedevo a occhio nudo, sono puntati come riflettori cinematografici sulla Croce Blu e sulla piccola statua della Madonna che si trova ai suoi piedi. Eloquente, no?

Cordiali saluti

Emanuele Gavi