Egregio Direttore,
sono un docente di lettere delle superiori (così si chiamavano un tempo, “superiori”, oggi scuola “secondaria”, e in effetti, potenza delle parole?, molti dei miei alunni la ritengono una cosa secondaria, la scuola).
Pochi giorni fa ho interrogato i ragazzi di una classe sulla lettura di Arduin il Rinnegato, una delle ultime fatiche di Silvana De Mari e, a mio modesto avviso, uno dei migliori romanzi pubblicati in Italia negli ultimi anni. Quando si dice fantasy, infatti, si pensa a storie per bambini. Ma c’è fantasy e fantasy: quelli della De Mari non sono dei romanzi di evasione, benché siano avventurosi e avvincenti, ma storie che trasmettono valori spesso dimenticati (il coraggio, il sacrificio di sé…) e fanno riflettere sull’uomo, sulla nostra storia e sulle contraddizioni della società attuale. Sono libri che insegnano nel significato etimologico del termine, cioè lasciano un segno nell’anima di chi li ha letti, e così spero sia avvenuto per i giovani studenti dell’Istituto professionale a cui ho proposto (in realtà imposto, visto che la scuola non è un’istituzione democratica, ma proposto suona meglio) questa lettura. Spero ne siano usciti trasformati, almeno un pochino, e abbiano capito la differenza tra un best seller di quelli venduti all’Autogrill e un libro serio, adulto, provocatorio nella misura in cui spinge ad attuare dei cambiamenti nella propria vita.
Mentre ne rileggevo le pagine più belle con loro, a voce alta, mi sono commosso. Arduin il Rinnegato è un libro di guerra, di drammatici dilemmi morali, ma contiene anche pagine toccanti, come il passaggio di consegne tra il re Arduin, ormai prossimo alla morte, e le sue figlie. Vedere un insegnante (e Le assicuro, Direttore, che non sono considerato esattamente il professore più tenero della scuola), vedere un insegnante come me con i lucciconi agli occhi, la voce rotta e il naso che cola, penso sia una di quelle cose che i ragazzi non dimenticheranno (spero solo che i commenti non saranno tutti: “Ti ricordi il prof. quella volta? Che pirla!!!”). Credo che rimarrà loro impresso, come segno inciso nella memoria, anche questo insegnamento: che un libro può commuovere, cioè può emozionare, alla pari di un film o di una canzone. Per studenti del professionale è una di quelle scoperte che cambiano la vita.
L’estate scorsa, mentre leggevo per la prima volta questo splendido romanzo, mi è venuto da pensare proprio ai miei alunni meno dotati. Quando insegno nelle classi del professionale, in molti casi lavoro con gli orchi, combatto con gli orchi, cioè con persone simili ad Arduink quando ancora non ha perso la k del suo nome. Dapprincipio sanno esprimersi unicamente con versi animaleschi. E il mio lavoro (la mia lotta) consiste nel condurli verso un altro status, quello di uomini degni di questo nome.
Allargando la riflessione alle altre componenti della scuola, mi è venuto spontaneo paragonare i miei colleghi agli elfi: come in questo romanzo, anche molti di loro sembrano aver perso i propri poteri. Incapaci di agire con decisione, di dare un votaccio quando è doveroso, di incidere sulla realtà delle classi in cui sono chiamati a portare il loro prezioso contributo. Incapaci di in-segnare nell’anima dei ragazzi.
Il preside invece è un nano. Non nel senso dell’altezza, ovviamente. È un nano perché i nani sono grandi costruttori di macchine e ingranaggi, e il mio preside, non so come riesca, è davvero bravo a manovrare quel colossale ingranaggio che è la scuola in cui lavoro, evitando che si inceppi per i numerosi problemi che sorgono via via.
E poi ci sono i genitori. I genitori… sono il drago del romanzo. Si sa che esistono, si sa che avrebbero grandi poteri, ma è inutile chiedere il loro intervento. Non serve. Tanto vale lavorare coi ragazzi come se i genitori non esistessero. Come se fossero bimbi sperduti.
E io, in questa scuola fantasy, dove mi colloco? Io sono un uomo, naturalmente. Sì, a volte mi commuovo, per esempio quando leggo libri come questo. Ma resto un uomo. Non sono e non potrò mai essere una mamma, come alcuni colleghi (colleghe) vorrebbero. Una balia, un amicone, un avvocato della difesa… Agli alunni queste figure non servono. Per favore, siamo uomini.
Cordiali saluti
Emanuele Gavi