Il sig. Bianchi e la paura del vaccino

Egregio Direttore,

nel 2020 il sig. Rossi è vissuto male, per mesi confinato in casa, dominato dalla paura del Covid-19 (sempre che non se lo sia beccato lui stesso). Nel 2021 vivrà con la paura del cosiddetto vaccino. Anzi no: il sig. Rossi ha cominciato l’anno nel segno della speranza e dell’attesa fiduciosa di questo ritrovato. Ma il sig. Bianchi, beh, il sig. Bianchi continua ad avere paura. Solo che quel sottile senso di angoscia che pervade le sue giornate non trae origine dalla diffusione del virus, bensì da quella del vaccino. Il sig. Bianchi, infatti, teme più il vaccino anti Covid che il Covid stesso. Ha paura dei possibili effetti collaterali, in particolare di quelli a lungo termine, e non ha nessuna intenzione di farsi iniettare – da uomo sano qual è – uno di questi farmaci. Ma lo spaventano anche le possibili ripercussioni che la sua scelta potrà avere sul piano sociale: la distinzione tra buoni (vaccinati) e cattivi (tutti gli altri), il clima da caccia alle streghe (agli untori), l’aut aut, ovvero l’eventualità che gli si prospetti la scelta obbligata tra vaccino e perdita del posto di lavoro.

Caro Direttore, il sig. Bianchi è un ingenuo, un fifone, un pazzo? Oppure ci vede più lungo del sig. Rossi? Ragioniamo.

I diversi vaccini anti Covid sono stati prodotti in tempi record: dieci mesi, quando “la media, per i vaccini approvati negli ultimi dieci anni, è stata di 8 anni” (come riporta Repubblica, in un articolo per altro favorevole alla vaccinazione). Questi numeri significano una cosa sola: che nessuno può oggi sapere cosa succederà ai vaccinati a distanza di uno, due, dieci anni. In altre parole, chi si sottopone al vaccino si offre di partecipare a una sperimentazione. Visti i numeri (ieri risultavano aver assunto le due dosi oltre 68 milioni di persone in tutto il mondo, e se ci fermiamo alla prima dose il dato sale a 186 milioni), è probabile che la campagna di vaccinazione anti Covid sarà la più vasta sperimentazione di massa della storia.

Ma il vaccino è sicuro!, mi dirà Lei. Gli studi randomizzati hanno dato esito positivo, qualunque cosa significhi randomizzato (il sig. Bianchi non lo sa, ed è pure un poco infastidito dai neologismi in anglitaliano o italinglese). Sì, ma la variabile temporale, per forza di cose, è esclusa: nessuno può dire con certezza quali eventi avversi possano verificarsi nel lungo periodo. Infatti non lo dicono nemmeno le aziende produttrici.  Il modulo del consenso informato per il vaccino Pfizer-Biontech, pubblicato dall’Ordine nazionale dei biologi, riporta testualmente: “Non è possibile al momento prevedere danni a lunga distanza”. Dunque è proprio così infondato, il timore di farsi iniettare tale sostanza?

Ma bisogna fare l’analisi costi-benefici! Vediamo. Il sig. Bianchi non sta morendo di Covid. Non ha nemmeno contratto il Covid. Al momento è sano come un pesce. Non ha patologie rilevanti. Non è un soggetto a rischio. Nulla può far prevedere che si ammalerà di Covid, se non la contagiosità del Covid stesso, a cui però il sig. Bianchi contrappone le precauzioni ormai consuete.

Il sig. Bianchi sa che se si ammala correrà dei rischi, perché il Covid è una brutta bestia: SE si ammala. Ma potrebbe anche non ammalarsi mai. Anche se si fa iniettare il vaccino, correrà dei rischi. Magari non quelli del Covid, ammesso e non concesso che per lui il vaccino risulti efficace (l’efficacia viene data al 95%, non al 100%: per un vaccinato su venti il vaccino non servirà a nulla). Ma in questo secondo caso i rischi correlati al vaccino li correrà senz’altro, senza se e senza ma, una volta che il vaccino sia stato iniettato. E sarà stato proprio il sig. Bianchi a esporsi volontariamente a questi rischi.

Ma il vaccino ci permetterà di tornare alla normalità! Eliminando il rischio di sovraccaricare di lavoro gli ospedali, potremo riprendere la vita consueta! Ma anche le cure domiciliari avrebbero impedito di affollare le terapie intensive. Perché il governo le ha scoraggiate, allora? Perché le linee guida del ministro Speranza per i pazienti sintomatici o paucisintomatici prevedono solo vigile attesa, che per molti medici equivale all’abbandono terapeutico, e paracetamolo, che per altrettanti medici è non solo ininfluente, ma pure dannoso? Linee guida da poco bocciate dal Tar del Lazio. E perché in tutti questi mesi alcuni farmaci, come l’ormai celebre idrossiclorochina, sono stati banditi come non sicuri, ma un vaccino preparato in quattro e quattr’otto viene spacciato come sicurissimo? Non ci saranno degli interessi dietro? E quel ritorno alla normalità, allora, non sarà usato come la classica carota da alternare con il bastone degli arresti domiciliari di massa?

Come scrive la Nuova Bussola Quotidiana, riportando le dichiarazioni dell’avvocato Maurizio Giordano:

“Il governo sta facendo una resistenza pazzesca e un’azione di forza perché siamo in un momento di campagna ‘psicologica’ il cui obiettivo è la vaccinazione di massa”. Se obblighi come il coprifuoco o la mascherina venissero allentati, la gente non avvertirebbe più la “necessità di vaccinarsi”. Saremmo, dunque, nel pieno di “un’operazione psicologica di propaganda”, da cui “non usciremo finché la gente non inizierà a informarsi”.

Veniamo poi al presunto dovere morale di vaccinarsi, di cui hanno parlato tra gli altri il presidente Mattarella e papa Bergoglio. Secondo quest’ultimo tutti “devono” fare il vaccino, per sé e per gli altri, senza cadere nel “negazionismo suicida” che lui non saprebbe spiegare, perché se lo dicono i medici, che il vaccino non è pericoloso, senz’altro dobbiamo crederci. Bisogna ricordare che il vaccino garantisce solo di evitare le complicazioni del Covid (nel 95% dei casi, come abbiamo detto). Non mette al riparo dalla possibilità di trasmettere la malattia, tant’è vero che l’Aifa raccomanda comunque, anche ai vaccinati, di continuare con distanziamento e mascherine. Nessuna protezione di chi ci sta intorno, nessun ritorno alla normalità, se percorriamo unicamente la strada della vaccinazione. Servirà piuttosto imparare a convivere col Covid, curarlo alle prime avvisaglie senza aspettare che la situazione degeneri (qui le linee guida della rete di medici IppocrateOrg).

Sul fatto poi che se lo dicono i medici, dobbiamo stare tranquilli, il sig. Bianchi sa che la medicina non è una scienza esatta. Sa che il principio di autorità è stato cassato fin dai tempi di Galileo da coloro che rivendicano il metodo scientifico, dunque pretendere di imporre il vaccino in nome della fiducia nella scienza – come fa il Papa nella Città del Vaticano, dove chi non si vaccina non può essere assunto e se ha un posto di lavoro rischia il licenziamento – è fortemente antiscientifico, oltre che illiberale. Ma il sig. Bianchi ricorda anche un pochino di storia: sa che poco più di sessant’anni fa, non seicento, venne diffuso un farmaco, la talidomide, “dall’elevato effetto teratogeno, dimostrato da malformazioni, in genere focomeliche, comparse in bambini nati da madri che ne avevano fatto uso in periodo di gravidanza” (cito dal sito della Treccani). Prima di venire ritirata, la talidomide provocò malformazioni a più di 10.000 bambini in tutto il mondo. I produttori hanno chiesto scusa nel 2012. Non erano medici, costoro?

Caro Direttore, possiamo concludere che il sig. Bianchi qualche ragione di avere paura del vaccino ce l’ha.

E se pensa poi al giuslavorista Pietro Ichino, ex senatore del Pd, che se ne esce con la bella idea che se non ti vaccini non potrai più lavorare, colta al volo dal pontefice, al sig. Bianchi tremano le gambe. Ma subito rialza la testa, si infervora e vorrebbe rispondere a lorsignori: obbligatorio? allora non fatemi firmare la dichiarazione che accetto consapevolmente e liberamente i rischi!

Cordiali saluti

Emanuele Gavi

P.S. Il sig. Bianchi ha appreso con favore della raccomandazione del Consiglio d’Europa (che non è un organismo dell’Unione Europea), per cui “gli Stati devono informare i cittadini che la vaccinazione non è obbligatoria e che nessuno deve farsi vaccinare se non lo vuole”, e bisogna “garantire che nessuno sarà discriminato se non è vaccinato”. Ma sente con preoccupazione una Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, parlare di “passaporto vaccinale”. Per cui, nell’attesa che le nubi si diradino, si è iscritto all’associazione “Iustitia in Veritate” dell’avvocato Francesco Fontana, che fornisce consulenza e assistenza legale a chi venisse sottoposto a pressioni in ambito lavorativo miranti a costringerlo alla vaccinazione.