Due cosette che ci insegna Dante

Egregio Direttore,

dunque oggi tutti a leggere Dante! È il primo Dantedì della storia! «Abbiamo bisogno di rafforzare la cultura nel nostro Paese e Dante è un punto d’appoggio fondamentale» dichiara il ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina (ma non era Bussetti? no, che dico, Fioramonti? è cambiato di nuovo?).

Di giornate dedicate alle nobili cause francamente non se ne può più. Comunque meglio dedicarne una a Dante che a Greta. Se c’è un autore della letteratura italiana politicamente scorretto, quello è Dante Alighieri: cristiano (anzi: integralista cristiano… anzi, meglio dire: ultraintegralista cristiano, ultraintegralista ultratradizionalista ultracristiano ultratutto… ma per nulla papista, capito bergogliani?), conservatore, cultural warrior… E poi omofobo e islamofobo: i sodomiti non li manda a Sanremo ma all’inferno (settimo cerchio, terzo girone), come pure Maometto (ottavo cerchio, nona bolgia), a cui dedica dei versi di una violenza straordinaria, anche a livello verbale: il profeta dell’islam è “rotto dal mento infin dove si trulla”, cioè ha il corpo squarciato dal mento fino all’ano, da cui si scorreggia (“si trulla”: ragazzi, non trullate quando avete lezione con me, no, nemmeno in videoconferenza). “Tra le gambe pendevan le minugia”, ovvero le budella, “la corata pareva” (si vedeva la corata, cioè cuore, polmoni, fegato e milza), “e ’l tristo sacco/che merda…” (mi scusi, Direttore, ma il Sommo Vate usa proprio quella parola lì) “che merda fa di quel che si trangugia”. E non è finita: “Mentre che tutto in lui veder m’attacco”, cioè mentre Dante fissa tutto concentrato quell’orribile spettacolo, Maometto ricambia il suo sguardo e “con le man s’aperse il petto,/dicendo: «Or vedi com’io mi dilacco!»”, cioè si apre il petto in due come Hulk Hogan si strappava la maglietta, e dice al poeta: «Guarda come mi lacero!». Altro che film pulp: non arriverebbe a tanto nemmeno Tarantino andato a dormire dopo due piatti di peperonata. Chissà se l’Azzolina (mi scusi di nuovo, Direttore) o Franceschini sono consapevoli di tutto questo.

Ma cosa può insegnare, Dante, a noi uomini donne e sodomiti del Ventunesimo secolo? Un mucchio di cose. Vediamone due.

La prima lezione che deve studiare credo qualunque studente si avvicini alla Divina Commedia è la struttura dell’Inferno. Nove cerchi come nove sono i cieli del Paradiso, di cui l’Inferno è il rovesciamento, mentre le cornici del Purgatorio, che è una montagna, sono sette come sette sono i peccati capitali: non per niente Brad Pitt doveva studiare Dante, per acciuffare il serial killer in Seven… Quindi la prima lezione è la struttura dell’Inferno e il confronto con Purgatorio e Paradiso: una barba tremenda. Meglio Maometto. Eppure c’è un messaggio profondissimo, nascosto dietro all’apparente aridità di numeri, classificazioni, fraudolenti verso chi non si fida o verso chi si fida…

Dante ci sta dicendo che Dio non gioca a dadi. Che l’aldilà e l’aldiquà (è la Terra che contiene l’Inferno ed è circondata dal Paradiso) formano un universo perfettamente organizzato, studiato in ogni minimo dettaglio da un architetto superiore. Che noi viviamo in questo universo progettato e controllato da Dio. Non siamo in balia del caso. Il mondo ha un senso. Facciamo parte anche noi del grande progetto di Dio.

Ma Dante ci insegna anche un’altra cosa, molto meno rassicurante. Questa struttura dell’aldilà ci fornisce anche un’altra informazione su Dio. Dio è giustizia. È la giustizia divina ad aver creato i nove cerchi dell’Inferno e le loro ulteriori suddivisioni: gironi, bolge, zone… Tutto è studiato e tutto risponde alla giustizia di Dio, la quale per sua natura è infallibile, non si può eludere. Quindi attenzione: puoi essere anche un re, un vescovo, un imperatore, persino un papa (Bonifacio VIII, per esempio), ma se fai delle porcate, presto o tardi ti colpirà la scure della giustizia divina. Non c’è niente da fare. Dio è giustizia. È misericordia, ma anche giustizia. Un Dio tutto bontà come la si intende oggi, quando col termine “bontà” ci si riferisce spesso alla tolleranza del male, non sarebbe giusto. Non essendo giusto, non sarebbe perfetto. Sarebbe Babbo Natale, non Dio.

Alla fine c’è giustizia, in questo mondo. E su questo messaggio Dante, ingiustamente esiliato dalla sua Firenze, punta moltissimo. È una delle poche speranze che gli rimangono.

Dunque il mondo ha un senso e Dio è giustizia. Da cui si ricava che la nostra vita ha un senso, ma dobbiamo spenderla bene: è un dono che ci è stato affidato, ma di cui ci sarà chiesto conto, e il verdetto potrebbe essere terribile (pensiamo a Maometto).

Grazie, Dante. E cordiali saluti, Direttore

Emanuele Gavi