Chissà se il coronavirus sarà una benedizione…

Egregio Direttore,

chissà se il coronavirus insegnerà ai miei studenti a non starnutire sui capelli del compagno seduto davanti. A non lasciare sul banco in bella vista i moccichini usati. A non sbadigliarmi in faccia (lo so: è colpa delle mie lezioni soporifere). Chissà se la gente per strada smetterà di sputare per terra, per giunta senza guardare. È sorprendente che nessuno mi abbia mai centrato un piede.

Chissà se il coronavirus ci farà riscoprire il valore delle regole, a partire da quelle più elementari, come le norme igieniche. Se ci farà comprendere l’importanza dei controlli, delle misure restrittive. La necessità di far rispettare i divieti, che non sono un attentato all’autodeterminazione dei cittadini, ma una tutela dell’incolumità di ognuno. Chissà se ci farà capire che la prudenza è una virtù, e viene prima dell’accoglienza, soprattutto per chi ha responsabilità di governo. Che è una virtù anche la severità, mentre la tolleranza del male, del rischio, delle possibili conseguenze negative, non lo è. Che il bene comune è importante quanto la libertà del singolo, anzi forse di più, perché se il bene comune non è salvaguardato, la libertà individuale diventa capriccio, arbitrio, prepotenza. E scomparendo il bene comune, a lungo andare scompare anche il bene di ogni persona, del quale la libertà è una componente: si può dare libertà se viene meno la salute?

Chissà se il coronavirus ci mostrerà finalmente che le frontiere sono un bene, e l’anarchia un male. Che i muri non sono armi, ma difese. E che un territorio senza difese sarà invaso, anche soltanto da un microscopico virus. Chissà se ci farà rendere conto, una buona volta, da che parte sta la realtà e da che parte l’ideologia: la società aperta, il multiculturalismo, l’antifascismo senza fascismo al potere… Se aprirà gli occhi ai tanti italiani che credono che a governare l’Italia, l’Unione Europea, l’Onu e il Vaticano ci siano uomini saggi, democratici, di sinistra e cristiani, mentre sono per lo più personaggi incompetenti, dispotici, a servizio del capitale e anticristici.

Se avverrà, il coronavirus non sarà un castigo di Dio, ma una benedizione. Del resto un castigo non è un’ingiustizia (lo è un castigo ingiusto, non un castigo, che per sua natura implica l’esistenza di una colpa da punire), ma una correzione salutare, in certi casi salvifica. Chissà se il coronavirus ci farà tornare a riconoscere la bellezza di parole bistrattate, queste sì discriminate, come regola, punizione, severità, vietato, no.

Caro Direttore, sarebbe il capolinea per l’ideologia della rivoluzione permanente diffusasi nel Sessantotto e dintorni, come auspicavo un anno fa. L’onda lunga sessantottina andrà a infrangersi sullo scoglio del virus cinese?

Cordiali saluti

Emanuele Gavi

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